Progetto del corso di Nuovi Media Immagini e Informazione
Università degli Studi di Teramo

martedì 29 gennaio 2008

I bambini nelle fogne di Romania: angeli all'inferno.

L'infanzia, la spensieratezza, i giochi, i sogni. Sono questi gli elementi che caratterizzano la vita di un bambino. Molti di quest'ultimi li vivono nella realtà d'ogni giorno, nella gioia d'ogni istante, godendo degli aspetti più belli ed intensi della loro infanzia; per altri, invece, tutto ciò rimane solo un'utopia. L'utopia di non doversi cercare un pasto caldo, di non dover rischiare la vita, ogni singolo istante, di non dover correre più veloce del nemico, ogni giorno. Questo è ciò che caratterizza alcuni bambini, i bambini di Romania. La linea che li differenzia dagli altri è sottilissima, per la troppo scarsa risonanza mediatica, non all'altezza del problema, è nello stesso tempo vasta, per le gioie, gli affetti, le attenzioni, l'infanzia negatagli. I conflitti, le incompetenze politiche, ma soprattutto il disinteresse generale cancellano irreparabilmente il sorriso di un bambino, e questa è la sconfitta più grande. Una sconfitta la quale, forse, si nasconde bene nel caos e nella frenesia generale, tra i conflitti politici, gli affari di mercato, le più svariate notizie mondiali d'ogni giorno; ma che lì in fondo, nell'oscurità e tra i condotti delle fogne di Bucarest, è ben visibile, troppo ridondante per chi ci vive, per chi ci sopravvive. Lì in fondo, nelle viscere dell'inferno, è possibile risalire, grazie ad un'occhiata fugace, allo scenario più tetro il quale caratterizza le loro vite. E' lo scenario di una Romania povera, disperata, alcolizzata dal marcio che, ogni giorno, invade le proprie strade, dalla criminalità che le segna irreparabilmente. E a farne le spese sono, in maggioranza, i bambini. A prova di ciò, molteplici storie, fin troppo inascoltate. Corina, 15 anni. Ha scelto di fuggire via di casa, dai genitori alcolizzati e violenti, per rifugiarsi in un tombino. "Il mio vero padre non l'ho mai conosciuto, quell'altro è morto da poco e io ora sono felice: voglio farmi una famiglia e diventare la mamma migliore del mondo", raccontò, circa sette anni fa. Ora Corina ha 22 anni e collabora con la Fondazione Parada, insieme ad ex ragazzi di strada, i quali aiutano gli altri ad uscire dalle fogne ed imparare i mestieri del circo o andare a scuola. Il lavoro di questi volontari si rivela ogni giorno vitale per dare apporto ad oltre mille ragazzi, residenti nei bunker infernali del dopo Ceausescu, dove regna sovrano l'ultimo stadio dell degradazione e il da fare giornaliero è consumarsi tra violenza, prostituzione e droga. Ma questi ultimi, mali purtroppo confermati nella loro quotidianità, ad oggi non sono i soli a caratterizzare il malessere del giovane popolo rumeno. Infatti, tra le malattie più diffuse (contratte per trasmissione sessuale oppure dell'apparato respiratorio, a causa della diffusa abitudine di sniffare colle e solventi), ad oggi, al primo posto, vi sono quelle legate alla gravidanza e alla nuova generazione di "piccoli nati nelle fogne". Ma nella vastità dei condotti fognari, le problematiche non trovano mai un punto di arrivo, dando largo spazio al male più diffuso tra gli sfortunati giovani di Bucarest: l'eroina. Anch'essa cosparsasi a macchia d'olio, determina la causa maggiore delle morti bianche, all'ordine del giorno nelle viscere delle fogne, in rapido incremento in superficie, li dove vi sono scuole, ritrovi pubblici, strade alla luce del giorno. Il timore più grande, nonchè possibilità più prossima, è che questi piccoli uomini, ad oggi ancora troppo spossati dall'orrore che caratterizza le loro vite, possano ben presto dare un seguito alla criminalità di strada già esistente, affermandosi nello spaccio di droga, nonchè nel traffico illegale d'organi (problematica, quest'ultima, la quale preoccupa loro stessi, ad oggi). Propositi per un futuro migliore? Difficile dirlo, addirittura impossibile sostenerlo, immaginarlo, per alcuni addirittura sognarlo. L'unico auspicio che questi ragazzi si fanno è che un giorno tutto sarà diverso, non solo per loro, bensì per i loro figli: sperano di sottrarsi e di sottrarre i loro angeli dall'inferno, l'inferno delle fogne di Romania.


D'Ercole Sabrina

giovedì 24 gennaio 2008

I Romeni mettono radici, e si sentono meno stranieri in Italia Ci sono sempre più stranieri che oramai affollano il nostro Paese. Sempre di più sono coloro che cercano una stabilità economica. Un esempio è quella nata dall'Associazione Arci “Villaggio Romeno”, che ha cercato di creare il primo 'complesso di divertimento' per rumeni in Italia. Ristoranti e spazi privati aperti da rumeni in 15mila metri quadrati per farli sentire un po' più a casa loro. In questo spazio i rumeni potranno ballare, giocare a calcetto, assistere a spettacoli musicali.....sentirsi meno stranieri in Italia.Soprattutto nelle grandi metropoli si può assistere alla nascita di negozi alimentari, di oggettistica e anche discoteche dove fanno musica rumena. Anche loro vogliono mantenere un filo diretto con la propria terra, la propria cultura e le propri tradizioni.

L’ambiguità della Francia nei confronti dei Rom

La copertina del giornale “Le Petit Parisien” è dedicata alla patrona dei viaggiatori e degli zingari, Santa Sara. Ogni anno,alla fine del mese di maggio, nel sud della Francia si ritrovano migliaia di Rom provenienti da tutta l’Europa.
Dalle recenti statistiche risulta che in Francia vivono 340 mila di nomadi Rom,ma secondo un rapporto di Dominique Steinberger del 2000 vivrebbero almeno un milione di zingari. Si tratta di un dato molto elevato nonostante i provvedimenti adottati. Infatti, il modello francese, definito “bastone e carota”, si muove in due direzioni:da un lato, grazie alla legge Bisson, verso la creazione di aree di accoglienza e dall’altro lato verso l’introduzione di misure di sicurezza interna contro coloro che non rispettano determinate regole. Questo modello ha avuto un notevole successo tanto che il sindaco di Torino vorrebbe attuarlo anche nella propria città. Tuttavia,la maggior parte dei Rom sono cittadini onesti che svolgono diversi lavori pur di ottenere un piccolo sussidio e qualche assegno familiare. Non si vedono zingari in giro o ai semafori perché è vietata l’elemosina. E i Rom concordano sul fatto che chi ruba,chi sbaglia o chi non rispetta i campi di accoglienza deve essere arrestato o addirittura cacciato dalla Francia. Ma i campi di accoglienza sono ben pochi rispetto al numero sempre più crescente di popolazioni gitane. Recentemente,il 29 novembre 2007, i Rom della Romania,Bulgaria e Ungheria hanno deciso di manifestare nella capitale parigina perché,anche se cittadini dell’UE, lo stato francese non consente loro di lavorare e di ottenere un permesso di lavoro. Condannati alla povertà, non possono avere nessun accesso ai beni minimi di sussistenza. E così continuano a perpetrarsi espulsioni di comunitari, di migranti regolari e di tutti i sans-papiers.
Già prima dell’invasione nazista, la Francia aveva iniziato a compiere sistematiche persecuzioni nei confronti della popolazione zingara e queste misure verranno prese in considerazione durante appunto la seconda guerra mondiale.Nacquero infatti numerosi campi di sterminio detti “anticamere francesi ad Auschwitz” e, con l’instaurazione del governo di Vichy e l’insediamento dei tedeschi nella regione dell’Alsazia-Lorena,la situazione precipitò. In Alsazia, l’amministrazione nazista aveva avviato un programma di espulsione degli zingari,mentre nella Lorena gli arrestati sarebbero stati confinati e poi liquidati nello stesso territorio francese. Ciò provocò un flusso migratorio di Rom impauriti verso le altre regioni della Francia ma questa mossa non ebbe nessun effetto poiché, in seguito al consolidamento del governo di Vichy, il territorio francese divenne un insieme di campi di concentramento nazisti. La Francia ospitò il maggior numero di campi destinati ai Rom e di campi, unico caso in tutta Europa,destinati ai bambini zingari. In generale, non si trattava di campi di sterminio: gli zingari servivano come manodopera per le aziende agricole e industriali del paese. Ma, per gli estenuanti ritmi di lavoro e per le pessime condizioni di vita, le migliaia di morti zingare possono essere paragonate a quelle dei lager della morte. Attualmente a Parigi è anche presente il fenomeno “enfants de rue”,ovvero bambini di strada. Sono soprattutto minorenni che fuggono dai propri paesi a causa della miseria,delle guerre o della schiavitù per cercare un avvenire.
Dal momento che vivono per strada essi sono condannati al vagabondaggio e costretti a prostituirsi per vivere. Di conseguenza sono state istituite due squadre mobili che vanno alla loro ricerca e un centro di accoglienza gestito dalla Croce Rossa proprio per aiutare questi bambini in difficoltà e far sì che vengano protetti. Si spera che questa buona iniziativa continui ancora ma al tempo stesso si assiste a ripetute espulsioni di zingari e di Rom dalla regione francese e dal resto d’Europa.


Maria Pia

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Integrazione dei Rom in Francia

Per contribuire al blog sull’immigrazione rumena in Italia,mi occuperò in modo particolare dell’integrazione dei Rom in Francia e quali misure essa adotta per rendere la convivenza tra le diverse etnie più serena e pacifica. Proverò anche a fornire i dati della loro presenza, spiegando come la Francia nel giro di poco tempo sia riuscita ad accoglierli.

Maria Pia

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Conclusioni

Facendo alcune riflessioni, notiamo che il problema della violenza non coinvolge solamente gli immigrati ma è radicato all'interno della società stessa.
L'altro giorno, guardando il telegiornale, sono rimasta turbata da una notizia: quella di tre uomini che hanno derubato e malmenato un anziano di 81 anni.
L'uomo rientrando in casa ha notato la porta aperta e salendo al piano superiore è stato sfrattonato dai tre uomini muniti di passamontagna che nonostante hanno fatto ruzzolare per le scale l'anziano l'hanno anche picchiato. Davanti ad eventi come questo c'è da rimanere scandalizzati e attoniti: dov'è finito il buon senso?
Ci circondiamo ogni giorni di tecnologie sempre più all'avanguardia, viviamo in un mondo sempre più confortevole eppure non sono più presenti nella società i salutari valori del passato. E così invece di aiutare un nonnino ad attraversare la strada lo sfrattoniamo per le scale dopo averlo derubato. Sono cose che fanno inorridire che ci fanno capire che la società non si sta evolvendo per i meglio ma sta andando alla deriva. Viviamo in un mondo sempre più freddo dove ognuno pensa ai propri interessi e non si preoccupa del bene degli altri.
In un altro servizio, a una domanda del giornalista a proposito del tema della sicurezza, una donna è scoppiata in un pianto esasperato, ravvisando che non si è più sicuri nemmeno a casa propria. La signora ha accusato lo Stato di non essere capace di garantire la giustizia e la sicurezza ai cittadini. Come poterle dare torto, i fatti accorsi in questi ultimi mesi non fanno che avallare la sua affermazione. La popolazione italiana non si sente protetta e getta la colpa sugli immigrati, senza dubbio è da ravvisare che la microcriminalità si è rafforzata negli ultimi anni e in concomitanza con gli sbarchi degli extracomunitari.



Le mie principali fonti: La repubblica, La Padania, Il corriere della sera, L'unità, Aprile, ADUC, Ansa

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violenza rumena


Da alcune ricerche è emerso che gli Stranieri di nazionalita rumena sono al primo posto in Italia nel numero di denunce e arresti per omicidi volontari consumati, violenze sessuali, furti d'auto, rapine in abitazione, rapine in esercizi commerciali. In Italia è, in particolare, in testa la criminalita' di origine rumena insieme a quella marocchina e a quella albanese.
La criminalita' rumena ha fatto registrare la percentuale più alta sul totale degli stranieri denunciati nel 2006 per omicidio volontario, per le violenze sessuali, per furti di autovetture, per le rapine in abitazione, per il furto con destrezza, per le rapine negli esercizi commerciali, per le estorsioni e si e' classificata al secondo posto nei furti con strappo, nelle rapine 'in pubblica via' e nelle truffe e frodi informatiche, preceduta dal Marocco. Anche dal ministero dell'Interno sono state fatte delle considerazioni, in particolare territoriali. Con la sola eccezione del contrabbando, è stato rilevato che nelle regioni del Centro-Nord la quota di stranieri denunciati e' stata, di gran lunga, superiore a quella registrata nelle regioni del Mezzogiorno. Questo dato è sempre più in crescita. Nel 2006, infatti, ormai oltre un denunciato per omicidio su tre e' straniero. Per il Viminale e' importante sottolineare che la netta maggioranza di questi reati viene commessa da stranieri irregolari, mentre quelli regolari hanno un comportamento simile alla popolazione italiana, popolo rispettoso e pieno di valori;ciò non toglie che molti reati vengono commessi anche da stranieri con regolare permesso di soggiorno. Nella graduatoria tra i primi vi sono i reati di furto con destrezza, furto di automobile, furto in appartamento. Tra i secondi vi sono gli omicidi consumati e gli omicidi tentati, il contrabbando, le estorsioni, le lesioni dolose, la violenza sessuale, lo sfruttamento della prostituzione. Sul sito "Repubblica.it forum italo-romeno" è stato pubblicato un dialogo contro la violenza romena. Ci sono alcuni che sostengono che lo straniero, il musulmano, il romeno, sta diventando UN CAPRO ESPIATORIO per gli insuccessi e i fallimenti degli italiani a livello politico, sociale ed economico, per loro è solo una criminalizzazione del popolo Romeno. In questi giorni i media tradizionali stanno letteralmente FACENDO A PEZZI la credibilità e la dignità di un popolo, per colpa di qualche loro connazionale. E’ veramente deprimente che in TV e sui giornali si dia solo spazio ai Romeni violenti e criminali, e non si ricordi che molte delle badanti, baby sitter, per non parlare di muratori e operai, provengono da quella nazione e non hanno nulla a che vedere con alcuni delinquenti. Gli italiani, dal punto di vista di questi, stanno diventando sempre più xenofobi e razzisti. Molti altri la pensano diversamente: essi, infatti non ritengono che i fallimenti del nostro paese siano dovuti esclusivamente a loro. Nell'ultimo anno i reati commessi dai rumeni sono aumentati notevolmente ed è più che giusto che i media ne parlino per sensibilizzare e allertare sempre più il popolo italiano. Questi ultimi sostengono che i rumeni, in particolare, hanno comesso omicidi per futili motivi quali rapine per pochi soldi, stupri, violenze e maltrattamenti su anziani. In conclusione, la paura verso gli stranieri e il razzismo non è un pregiudizio a priori verso di loro ma è un atteggiamento di chiusura nei loro confronti dovuto al loro ostile comportamento verso il paese che li ospita.L'ialia sarebbe anche disposta a superare questo "muro", se solo vi fosse una collaborazione reciproca cosa che finora non è avvenuta nonostante la Romania nel 2007 sia entrata a far parte dell'unione europea.

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L’IMMIGRAZIONE ATTUALE: UN GRIDO DEL TERZO MONDO ALLA PORTA DELL’OCCIDENTE

Qual’è il motivo dell’immigrazione?

Solo una ragione profonda può spingere un essere umano a sradicarsi dalla terra dei suoi antenati, dalla sua cultura, dall’affetto dei suoi cari per avventurarsi in un nuovo mondo sconosciuto, spesso ostile.

Attualmente, gli immigrati sono dei profughi, degli sfollati, dei perseguitati, dei disperati perplessi per le incertezze della vita, delle persone stanche, sfinite e confuse dalle delusioni quotidiane, dalle ambiguità e dalle condizioni penalizzanti della storia. Queste masse consistenti di popolazione che bussano alla porta dell’occidente sono dei viaggiatori della speranza intenzionati a vivere meglio ed a godere come gli altri le condizioni di vita al di là della mera sopravivenza. Essi reclamano i loro diritti innati all’eguaglianza, alla pace, alla salute, all’istruzione, all’alimentazione ed alla dignità di ogni membro della famiglia umana.



L’immigrazione non è una novità

L’uomo ha sempre manifestato una forte propensione alla migrazione spostandosi dai luoghi di origine per andare alla ricerca delle migliori condizioni di vita. Fra la metà dell’ottocento e l’inizio del novecento, milioni di Europei si trasferirono nel Nord America, nell’America latina ed in Australia.

“L’immigrazione è un fattore fondamentale nella formazione del popolo americano. Fra il 1820 e il 1860 giunsero nel paese 5 milioni di emigranti, fra il 1861 e il 1910 furono 23 milioni di cui 9 milioni nel decennio 1901-10. Prima si trattava di tedeschi, britannici, irlandesi, scandinavi, uomini e donne spinti oltre oceano non solo dal bisogno economico ma anche da motivazioni politiche e religiose, dotati di cultura e talvolta di capitali; poi fu la volta dei contadini impoveriti d’Italia (2 milioni nel 1901-10), Austria Ungheria, Russia”.(1)



Nell’epoca della globalizzazione, il caso recente dei rumeni in Italia dimostra che i flussi migratori costituiscono un fenomeno imponente e tipico che riguarda la totalità dei paesi e dei popoli. Questo fenomeno provoca dei diversi atteggiamenti nei paesi del Nord industrializzato.



Accoglienza o allarme?

La maggioranza dei cittadini non si dichiara esplicitamente ostile allo straniero(2). Ci sono tante persone di buona volontà aperte all’accoglienza, molte associazioni, certi partiti e taluni governi (3) che si adoperano per l’integrazione e la convivenza. Da un altro lato, però, alcuni gruppi manifestano atteggiamenti allarmistici e dei sentimenti di essere travolti o invasi. Questi equiparano l’immigrazione alla delinquenza e considerano l’immigrato come una presenza estranea e minacciosa. Un tale sentimento di emergenza nasce dall’angustia mentale, dal timore del diverso, dall’orgoglio patologico, dagli abissi tenebrosi del pregiudizio, dalle mezze verità, dall’incomprensione e soprattutto dalla fredda indifferenza nei confronti dell’intollerabile miseria nella quale giace Lazzaro (Luca 16,19-24).

“Il più delle volte i mass media e l’opinione pubblica locale pongono l’accento sulla necessità di risposte poliziesche repressive nei confronti degli ‘stranieri’ quali ‘soggetti pericolosi’ ”(4). I governi cercano di resistere a questa pressione migratoria, stabilendo delle regole precise e chiare per filtrare, chiudere e pattugliare i confini all’immigrazione clandestina, scoraggiando e dissuadendo i nuovi ingressi.
Di conseguenza, i ‘fortunati’ arrivati sono spesso soggetti a sfruttamento dagli imprenditori senza scrupoli, a esclusione, o discriminazione, a segregazione e ad ostilità xenofobe e razziste.

Adesso più che mai.

L’umanità intera deve guardare in faccia alla realtà. Sarebbe una nuova offesa alla coscienza umana se si erigesse un nuovo muro di Berlino. Ormai, il solo bisogno della manodopera non può più essere il solo motivo dell’accoglienza. La comunità internazionale, consapevole dei suoi obblighi verso tutti, deve fronteggiare lo scandalo della fame endemica, dell’ignoranza sistematica, della mortalità infantile, della malnutrizione, del deterioramento progressivo del livello di vita, dell’aumento esponenziale degli indigenti e delle altre forme grottesche della cultura della morte.

La famiglia umana non può continuare a vivere nelle contraddizioni, nelle dissonanze e nelle menzogne vergognose.
Nel 2005, la Caritas italiana rapportava che “la maggioranza pari a 5,5 Miliardi di persone vivono in paesi in via di sviluppo (P.V.S), mentre i restanti 960 milioni rappresentano quella fortunata umanità che può fruire dei redditi propri dei paesi a sviluppo avanzato (P.S.A). La popolazione mondiale non risulta equamente distribuita sul globo, altrettanto non lo è la ricchezza complessiva della terra che risulta ripartita in misura oltre modo sproporzionata tra il ‘Nord’ e il ‘Sud’ ”(5). E’ scandaloso il fatto che “la metà della ricchezza mondiale appartiene al 14,9% della popolazione mondiale dei P.S.A.”(6).

Spinti dagli istinti predatori e dalla bramosia ostentatrice di avere sempre di più , i paesi ricchi si sono chiusi alle esigenze di quelli più poveri. Dopo i lunghissimi anni di soffocamento, d’empio sfruttamento, d’oppressione economica saccheggiante e di dominio politico imbavagliante, questi paesi potenti hanno costruito una nuova macchina più raffinata e più sottile per sfruttare meglio.

Il neocolonialismo.

Il neocolonialismo è un sistema compresso che aumenta ogni giorno il profitto degli uni e la regressione degli altri.
Questa gabbia d’arricchimento dei fortunati e d’impoverimento dei dimenticati è vestita da slogan di esportazione della democrazia, della pace e degli aiuti umanitari.

Nel Terzo Mondo, una voce risuona ogni giorno: “Rimanete a casa vostra, stiamo pensando per voi!” Ma come possono aspettare e rimanere a casa i milioni d’uomini, di donne e di bambini che vanno a letto affamati? Sono le vittime dell’intollerabile miseria, dei drammi dell’estrema indigenza, dell’oppressione e della persecuzione politica, dei conflitti armati e dei disastri naturali che bussano alla porta dell’occidente reclamando il pane della giustizia e dell’uguaglianza “rimasta un bene accessibile al solo mondo occidentale”(7). Lacerati dalla sensazione di non essere nessuno, certi clandestini vogliono fare sentire il loro grido. Sono stanchi di vivere in un mondo in cui si crepa e si invoca la carità accanto a un altro in cui si spreca, si muore di abbondanza e si teme l’obesità.



L’umanità è una famiglia

“L’umanità è una sola e grande famiglia”.(8) Perciò, “tutti i beni della terra sono destinati originariamente a tutti”.(9) Emigrare è dunque un diritto inalienabile di ogni persona umana in virtù della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 10 dicembre 1948: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti”.(10) Tutti nasciamo nudi persino del nome.
La disparità fra il mondo dell’opulenza e quello della miseria è dunque inaccettabile in virtù della destinazione universale delle ricchezze del nostro pianeta.

Riassumendo

Sarebbe quindi inutile limitarsi a costruire e rafforzare le barriere o rispondere soltanto al solo bisogno della manodopera. Se l’occidente vuole realmente risolvere il problema dell’immigrazione, deve prendere delle misure urgenti contro il paradosso del dramma della disparità. E’ urgentissimo risolvere il disastro della fame divenuta condizione atroce e cronica (11), l’indigenza sistematica a cui si aggiungono la desertificazione progressiva, l’inquinamento del pianeta (12), il degrado e le calamità naturali. Se niente viene fatto, l’esplosione migratoria è inevitabile perché è raro che i gruppi privilegiati rinuncino volontariamente ai loro privilegi.


(1) TESTI Arnaldo, La democrazia in America, in Storia contemporanea, Manuali Donzelli, Donzelli Editore, Roma 1997,p240.
(2) XVI Rapporto: Caritas/Migrantes sull’Immigrazione, Dossier Statistico 2006, Ed.IDOS, Roma 2006, p256
(3) Decreto del Presidente del consiglio dei ministri: 30 ottobre 2007, Servizi/ Legislazione/ Immigrazione/ 0988-11-30 decreto-flussi-2007: www.interno.it
(4) De BIASSI Rocco, Che cos’è la sociologia della cultura, Ed.Carocci,Roma 2002, p94.
(5) XVI Rapporto: Caritas/Migrantes, p20.
(6) Ivi, p19
(7) CARNEVALI Giorgio, Dopo la caduta, Questioni di teoria politica nell’età del declino americano, Ed.Liviana, Milano 2007, p20.
(8) GANDHI Mohandas Karamchand, Il libro della saggezza,Traduzione di Franco Paris, Ed.Newton e Compton, New York 1995, p92.
(9) GIOVANNI PAOLOII, Enciclica Sollicitudo Rei Socialis, 30 dicembre 1987, Ed, Paoline, Torino 1989, n°10.
(10) Dichiarazione Universale dei Diritti umani del 10 dicembre 1948, www.riflessioni.it/enciclopedia/diritti-umani.htm
(11) Conferenza della F.A.O. del 12 dicembre 2007 a Bali: www.fao.org
(12) Rapport sur la santé dans le monde 2007, O.M.S., Programmes et projets: www.who.int/en/

Nzigamasabo Adrien

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Caso Ahmetovic

Recentemente la popolazione rom immigrata in Italia è tornata a far parlare di se, purtroppo in modo tutt’altro che piacevole. Lo scorso 23 aprile ad Appignano, Marco Ahmetovic, rom di 22 anni, guidando ubriaco ha travolto e ucciso quattro ragazzi, di età compresa tra i 16 e i 18 anni, che erano seduti su un muretto al ciglio della strada.
Il tribunale di Ascoli Piceno ha processato il giovane rom e lo ha condannato a sei anni e sei mesi, permettendo gli arresti domiciliari. Ora Ahmetovic si trova a scontare la sua pena chiuso in un residence di Porto D’Ascoli. La notizia venne divulgata attraverso tutti i quotidiani ma non desta l’indignazione generale finché al giovane rom non viene proposta la pubblicazione di un libro intitolato “anche io sono un essere umano” nonché uno spot e un video musicale; non è finita: Ahmetovic viene richiesto per fare da testimonial ad una linea di abbigliamento chiamata “Linearom”, un orologio che porta il suo nome e un profumo. Il manager che cerca di lanciare nel mondo dello spettacolo anche personaggi divenuti celebri per crimini è Alessio Sundas, che si difende dalle accuse dicendo: “lo faccio per dare contro al sistema italiano che permette ai condannati di diventare delle vere e proprie star.” Le parole del manager risuonano poco sincere, soprattutto ai genitori delle vittime che, quasi sconvolti, replicano: “non dovrebbe avere neanche il cellulare, invece ha rilasciato varie interviste telefoniche; che venga ripreso dalle telecamere è poi un’indecenza”. Oltre a essere un’indecenza è altresì illegale che un condannato ai domiciliari abbia contatti con l’esterno, non dovrebbe avere il cellulare, né la possibilità di rilasciare dichiarazioni attraverso la rete, non sono consentite le visite se non in presenza della polizia e non può rilasciare commenti se non in presenza del suo legale. Come ha fatto Alessio Sundas ad avere un colloquio con Ahmetovic? Grazie all’appoggio di Marco Fabiani, l’italiano che ospita il giovane rom nel suo appartamento. Tutto l’accaduto non è solo un crimine, non è solo un modo per far soldi, ma è soprattutto una grandissima mancanza di rispetto verso le vittime della tragedia e verso i familiari, che vedono l’assassino dei loro figli diventare una celebrità poiché, invece di pagare per quello che ha fatto, rilascia interviste e firma contratti come una star dello showbuisness. Ovviamente comprensibili le parole di Timoteo Luciani, padre di una delle vittime, che afferma: “Ci hanno fatto passare per razzisti, ma noi siamo gente seria, che lavora venti ore al giorno e fa sacrifici per la famiglia” inoltre ha un’idea precisa della gente che occupa il campo rom di Appignano “ li conosciamo da tanto, sappiamo come vivono e non mi vengano a dire che a sbagliare siamo noi”.
Il caso di Marco Ahmetovic non è stato ancora chiuso, è previsto un altro processo a Marzo, nel quale la condanna potrà essere modificata e gli arresti domiciliari revocati; non solo: sono stati scoperti dalla polizia altri crimini di cui si è macchiato il giovane rom, che potrebbero peggiorare la sua situazione legale.
Fonte: www.ilmessaggero.it

Jessica Pavone

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violenza rumena e opinione publica

Nel mio articolo mi occuperò della violenza rumena in Italia e dell'opinione pubblica

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Presentazione lavoro

In questo lavoro ho trattato l' argomento sul giudizio degli italiani nei confronti degli immigrati.

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Cacciarli oppure no?

Molte sono le critiche fatte contro la popolazione rumena e drastiche le misure adottate dal nostro paese. Li si incontra tutti i giorni per le strade principali o davanti ai supermercati a chiedere l’elemosina e di fronte alle chiese e altri luoghi affollati. La maggior parte delle notizie trasmesse dai mass media ci raccontano molte storie tragiche di ragazze italiane che sono state vittime di abusi sessuali e anche di uccisioni da parte di questi ultimi. Sua eccellenza Francisc Dobos a ciò risponde facendo riferimento ad un caso particolare successo a Roma dicendo che è una situazione sgradita anche dal popolo Rumeno. L’Italia è vista come un rifugio da parte di queste persone ignare del fatto che trovare un lavoro in Italia è abbastanza complicato e che nessuno garantisce loro di avere una sistemazione adeguata, inoltre il loro comportamento rende ancora più difficile il rapporto tra italiani e rumeni. Se essi decidono di stare nel vostro paese devono guadagnarsi la vostra accoglienza. Egli infine conclude dicendo che non è giusto far dell’erba tutto un fascio perché non tutti i romeni sono dei delinquenti e che ci potrebbe essere una soluzione a questo problema ovvero il governo romeno dovrebbe adottare dei decreti che possano aiutare i loro concittadini ad avere un’assistenza sociale in modo tale da evitare anche l’eccessiva immigrazione. L’Italia si è trovata di fronte ad un problema abbastanza serio e per risolverlo ha deciso di espellere già parte dei rumeni presenti nel nostro paese. La domanda a cui rispondere ora è la seguente : “Cacciarli oppure cercare un’altra soluzione?” L’Italia fin dalla storia è riuscita ad instaurare un legame di amicizia stretto con questa popolazione e ora sembra che questi legami stiano svanendo del tutto. Siamo stati abbastanza indulgenti ma se ci dovessero essere delle altre soluzioni meno drastiche “dell’espulsione” dovrebbero riguadagnarsi la nostra fiducia dimostrando di essere capaci di vivere insieme. Di certo le parole di sua eccellenza riguardo al fatto che i rumeni non sono tutti uguali è giusto e bisognerebbe solo punire coloro che provocano disagi nella nostra nazione e sarebbe un dispiacere rovinare un’amicizia che si è creata da molto tempo.

Fonte: religione cattolica



Storelli Davide

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DELINQUENZA ED IMMIGRAZIONE

Sempre più spesso, vediamo in televisione e nei giornali gli immigrante prendono parte ad attidi violenza. Si pensa, molte volte, che l'immigrazione può essere sinonimica di opportunità di impiego. Le persone cercano migliori opportunità di vita in paesi con un'economia solida, ed a loro volta questi paesi hanno bisogno di immigranti per mantenere la propia stabilità economica. Osservando da questo punto di vista l'immigrazione, potremmo ritenerla un fattore di progresso, ma non è sempre così. In alcuni casi gli immigranti che arrivano in un paese cominciano a delinquere. Qual é il motivo di questa delinquenza? Vediamo alcune teorie:

1. La teoria del conflitto di culture, formulata dal sociologo nordamericano Thorsten Sellin negli anni trenta, secondo cui la delinquenza si produce quando entrano in contatto popolazioni lecui rispettive culture hanno un sistema distinto di valori e norme. Ad esempio quando in Spagna arriva un immigrante dalla Romania, questo porta le sue abitudini e i suoi valori che magari per noi possono risultare provocatori di conseguenta produce un conflitto. Inoltre esiste una differenza a livello legale tra paesi: in un paese si considera delitto ed in un altro no. Un esempio chiaro di questo, a livello mondiale, è la mutilazione genitale femminile, che alcune culture africane considerano come un requisito del pudore, mentre in Europa si punisce come delitto. Un altro esempio, è l'elevato tasso di furto che manifestano gli immigranti rumeni di etnia Romaní. Secondo il loro particolare sistema di valori, questa etnia non condanna l'appropriazione di beni appartenenti a persone esterne alla loro etnia. Ma nel nostro paese ed nel resto del mondo, questo atto si considera un delitto punito dal la legge.

2. Dal punto di vista della teoria della privazione relativa del criminologo belga Adolphe Quételet, una persona può venire spinta alla delinquenza a causa della frustrazione che genera il contrasto tra le sue condizioni di vita e le sue aspirazioni. Il tasso di delinquenza non risponderebbe alla povertà in se stessa, bensì al fattore soggettivo delle aspirazioni dell'individuo. Cioè, una persona con molte aspettative di progresso che ha deciso lasciare il suo paese di origine, e di entrare a contatto con una nuova società molto più ricca si sentira frustrato, sconfitto e con un livello di vita piu elevato rispetto a quello a cuiera abituato e per questo si vede costretto a rubare.

3. Una terza teoria sulla delinquenza è quella del controllo sociale, del nordamericano Triver Hirschi del 1969. Secondo questa teoria una persona è meno esposta a cadere nella delinquenza si se trova integrata nel suo ambiente. Nella misura in cui gli immigranti e noi ci troviamo meno concordi coi valori del paese di accoglienza, i tassi di delinquenza tenderebbero ad essere in generale più elevati.

505.670 sono le persone che hanno abbandonato la Romania per stabilirsi in Spagna e compongono il maggior collettivo straniero, a grande distanza dal marocchino, 298.424 membri, che occupa il secondo posto. Se i rumeni della Spagna si riunissero, formerebbero la settima città più popolata della Spagna. La maggioranza di essi (294.345) il 139,3 percento, sono arrivati durante i primi dieci mesi dell'anno scorso, immediatamente dopo che il loro paese entrasse nell'Unione Europea, e si alzassero le barriere confinanti. Come nuovi cittadini europei, dispongono di libertà per circolare e risiedere dove piaccia loro. Tuttavia, i diritti lavorativi sono limitati. Per evitare che un arrivo massiccio dei nuovi cittadini europei squilibrasse il mercato lavorativo, il Governo ha stabilìto una moratoria di due anni, a iniziare dal 1 di gennaio di 2006. Fino a questo termine, i rumeni che vogliano lavorare devono avere gli stessi requisiti degli immigranti provenienti da paesi esterni all'UE. Ma neanche le autorità che progettarono questa misura avevano immaginato una valanga come quella che si è prodotta.

La Spagna riceve mille immigranti all'anno e possiede il tasso di delinquenza più elevato riferito agli immigranti. I mezzi di comunicazione hanno effettuato studi ed investigazioni che lanciano cifre preoccupanti ed agitano l'opinione pubblica. Questo dibattito è usato da molti partiti politici per generare polemiche e guadagnare punti per le elezioni generali che casualmente si celebrano in Spagna il prossima 9 Marzo. Il 2 gennaio si pubblicava nel quotidiano El País il seguente titolo: "Gli immigranti chiedono di non essere utilizzati come arma elettorale". Gli immigranti non vogliono trasformarsi in un'arma dei partiti politici nella prossima campagna elettorale, meno ancora se il dibattito non serve per parlare di temi che interessano loro, come il diritto di voto. Ultimamente gli immigranti osservano preoccupati i loro problemi e come essi sono spesso utilizzati per alzare il "voto della paura" di certi settori della società.

Il giorno 13 novembre del 2007 si pubblicava su El País: "I rumeni criticano di essere collegati con la delinquenza". La disinformazione nella quale si trovano i rumeni quando arrivano in Spagna fa si che si trovino con problemi lavorativi, educativi e perfino di accesso alla sanità. Per questo motivo l'informazione è vitale per favorire l'integrazione. Ma anche l'informazione inversa: fare conoscere la cultura e la società rumena, un collettivo che, come hanno denunciato le associazioni dei rumeni in Spagna, si vincola con la delinquenza e con le classi sociali più basse.

L'integrazione in una società pluralistica non è un semplice adattamento ad un mezzo sociale suppostamente omogeneo, è trovare in quello mezzo sociale un posto nel quale convivere civilmente con i diversi da noi. Bisogna superare l'idea che integrarsi è, in una società pluralistica, assimilarsi a quello che esiste, sia i nativi che gli immigranti devono farsi carico dell'integrazione.

Le fasi dell'integrazione sono:

a) Adattamento: si tratta di un periodo di breve durata durante il quale l'immigrante conosce il suo nuovo paese. Bisogna naturalmente contare che giocano un ruolo importante tutta una serie di fattori personali e familiari in questo periodo che rendono più o meno difficile il suo superamento.

b) Insediamento: Fisico, individuale e morale. Fondamentalmente consiste nel trovare un lavoro stabile e soddisfacente, ottenere la documentazione che gli permetta di godere di una residenza permanente nel paese se non l'ha, avere casa propria, far venire la sua famiglia ed educare i figli.

c) Integrazione: in senso specifico, cioè, un condividere umanamente coi nazionali, potere parlare nella sua lingua, sentirsi accolto e volere essere accolto.

d) Acculturazione: cioè, abituarsi alle modalità culturali, politiche e sociali del paese di accoglienza. Accettazione e compenetrazione delle norme, e delle maniere di pensare ed agire.

e) Nazionalizzazione: fase che è considerata come lo stadio ultimo dell'integrazione.



Il futuro della convivenza tra spagnoli e rumeni dipenderà dunque dal modo di procedere che si andrà realizzando tra gli immigrati, ma anche delle forme di procedere degli spagnoli. L'evoluzione a mezzo ed a lungo termine dei flussi migratori che stanno arrivando nel nostro paese. Ma l'incognita principale per il futuro non è relativa a chi è arrivato nel paese, ma nella generazione dei suoi figli, cioè nel comportamento che avrà quella seconda generazione.



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mercoledì 23 gennaio 2008

Italia: paese a rischio per i rumeni

Il 30/10/07 muore in Italia, in seguito a un tragico omicidio, Giovanna Reggiani. Il colpevole? Un nomade di nazionalità rumena.
Si tratta di un evento che si colloca in cima a una lunga lista di crimini simili, che ha destato però particolare risonanza, un ennesimo atto di violenza a opera di immigrati.
A tal proposito il ministro dell’interno Giuliano Amato e il ministro dell’interno rumeno Cristian David si sono impegnati a raggiungere un’intesa sul contrasto della criminalità. L’operazione anticrimine si concretizza con l’invio di magistrati e poliziotti romeni in Italia e con l’espulsione rapida per coloro che risultano pericolosi per la pubblica sicurezza. Ma dietro le formalità delle relazioni diplomatiche, le polemiche relative al “caso Reggiani” hanno lasciato il segno tra le due comunità .
L’opinione pubblica è in fermento:” La gente si sente impaurita e non più protetta nei piccoli paesi come nelle grandi città”. Il governatore della Lombardia Roberto Formigoni lancia un appello al presidente del consiglio e all’intera sfera politica:”Siamo di fronte a un’emergenza nazionale. Votiamo insieme un pacchetto sicurezza adeguato. Bisogna intervenire subito”.
La proposta è stata accolta e l’Italia ha visto nascere un nuovo decreto: quello sulle espulsioni.
Ma la proposta di legge non ha visto tutti d’accordo e dopo le strette di mano tra i premier, le promesse reciproche di dialogo e collaborazione, il ministro degli esteri romeno ha inserito l’Italia in un elenco di posti “a rischio” per i cittadini romeni, accanto a paesi come: Iran, Costa Rica, Messico e Bulgaria; ai quali è richiesta particolare attenzione in caso di viaggio o di soggiorno. Inoltre raccomanda a tutti i romeni che vivono in Italia e che si trovano nell’eventualità di essere allontanati di rivolgersi d’urgenza alla sede consolare romena più vicina se ritengono che contro di loro siano stati commessi degli abusi.
Le ragioni degli altri bollini gialli si possono riassumere così: in Costa Rica “ c’è il rischio di contrarre la febbre gialla”, in Iran “il governo applica multe di 30 euro al giorno agli stranieri sprovvisti di visto”; in Messico “il rischio criminalità è alto e la sicurezza dei turisti dovrebbe essere garantita dalle agenzie del turismo”. Per quanto riguarda l’Italia il bollino giallo è la conseguenza del decreto sulle espulsioni, ma è certo che sulla decisione del governo abbiano pesato comportamenti offensivi e un generico senso di ostilità segnalati dagli immigrati romeni che vivono in Italia (la più grande comunità straniera, secondo la Caritas). Inoltre alle associazioni risulta, del resto, che molti romeni rinuncino al loro viaggio in Italia per trovare i parenti.
Monia Ferretti

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ITALIA: da terra di emigrazione, cambia ruolo.



Prendendo in esame il periodo che va dal 1945 al 1960, il secondo dopoguerra in cui le condizioni sociali ed economiche non erano di certo buone, si può constatare, dai dati relativi a questo "tratto di tempo", che l'emigrazione italiana ha contato ben 2.618.068 espatri, divisi tra Paesi Transoceanici e Paesi Europei.

Inizia così la cosiddetta "emigrazione silenziosa". Quella che non ha più come meta di arrivo l'America, bensì la Francia, la Germania o la Svizzera. Ciò che spinge tutti questi italiani a lasciare i loro paesi, ha origine nelle stesse motivazioni di sempre: trovare migliori condizioni economiche, che molte volte sembra offrire l'Argentina, così come vari Paesi Europei. Le condizioni di lavoro e di alloggio cambia di nazione in nazione.


Come è già stato detto le mete principali degli italiani in questo periodo sono la Francia, il Belgio, l'Argentina, la Gran Bretagna, la Svizzera e la Germania.


Consideriamo ad esempio la situazione di alcuni di questi Paesi:


- l'Argentina..qui l'emigrazione è cresciuita soprattutto a partire dagli anni '50-'60, tanto che i precedenti cittadini italiani formano una comunità, pur mantenendo culture e tradizioni italiane, tramandandole di generazione in generazione;


-la Francia, invece, è stata una delle nazioni che ha conosciuto per più di un secolo maggiori flussi migratori dall'Italia. Dopo l'interruzione a causa della seconda guerra mondiale, ha nuovamente inizio, dal 1945 al 1960, l'emigrazione di massa, proveniente dal Nordest dell'Italia e dalle regioni meridionali per via della grande ripresa ecomica;


- l'ultimo grande flusso migratorio, però, ha fine tra il 1960 e il 1970, quando gli italiani cambiano meta e preferiscono tra le sopracitate nazioni, la Svizzera e la Germania, poichè entrambe raggiungono, in questi anni, un notevolissimo sviluppo economico, il quale richiedeva molta manodopera straniera.





LA PAURA DELL'ITALIA DI FRONTE AL PROBLEMA DELL'IMMIGRAZIONE RUMENA

Il nostro Paese, per oltre un secolo terra di emigrazione, si è trovato così, negli ultimi trent'anni ad affrontare un rapido cambiamento di ruoli ed è stato chiamato a "misurarsi", sul piano politico e culturale, con flussi migratori provenienti da varie parti del mondo, in particolar modo, di recente, dalla Romania.

L'Italia si trova quindi ad affrontare un nuovo problema. L'immigrazione rumena in Italia è inziata soprattutto verso la fine degli anni '90; eppure solo ora sembra crear disagi nella nostra società.
La storia dell'immigrazione rumena in Italia inizia prima del 2002, quando viene abolito l'obbligo del visto Schengen per i viaggi di breve durata: già nel 1991 i permessi di soggiorno concessi ai cittadini rumeni annualmente arrivarono ad essere circa 8.250, aumentando di anno in anno. Nel 2003 si raggiungono i 94.818 permessi annui, fino ad arrivare tra il 2004 e il 2005 a 300.000 permassi di residenza per i rumeni. Varie statistiche affermano che oggi sono quasi un milione i rumeni residenti in Italia e che cercano ogni giorno lavoro. Ma non escludono, comunque, la presenza di coloro che giorno dopo giorno entrano clandestinamente e che, probabilmente, sono causa della paura degli italiani e di casi di violenza degli ultimi tempi.
Come era per noi in passato, oggi lo è per il popolo rumeno, che cerca nell'Italia condizioni economiche e sociali più favorevoli di quanto possa offrire la loro terra.
Si pensi al fatto che i rumeni sono il terzo gruppo di immigrati in Italia e che, quindi, prima di essi ci sono altri due popoli che hanno "invaso" il nostro Paese.
I pregiudizi, però, sono nati solo quando è stata annunciata l'entrata nella UE della Romania. Pregiudizi giusti o sbagliati che siano non importa. il problema resta uno solo: l'Italia molte volte si chiude in se stessa, ignorando i problemi esistenti nel resto del mondo, non essendo così disponibile ad offrire aiuti, se non per propri interessi.

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Italiani in romania: da operai a imprenditori

“Ho 400 formiche lavoratrici romene, che lavorano piegate per un decimo dello stipendio italiano, zero minuti di sciopero in un anno, zero problemi ecologici, nessun sindacato, libertà di licenziamento.” Queste sono le parole dell’ imprenditore italiano in Romania, Toni Zandona.
Proprio la disponibilità della manodopera, ma anche il basso costo dei terreni spingono molti dei nostri concittadini ad investire in Romania. E se agli inizi degli anni ’90 alcuni piccoli imprenditori vi si recavano con pochi soldi e riuscivano ad aprire un’impresa, da qualche anno c’è una vera e propria “invasione italiana”, come l’ha definita Sorin Cehan, giornalista del quotidiano “Evenimentul Zilei”.
Sono circa 14.000 le imprese registrate. Infatti l’ Italia è collocata al primo posto in termini di aziende straniere presenti sul territorio. Fanno affari soprattutto nel tessile, nell’abbigliamento e nelle calzature. Una delle aziende più famose è quella della Geox. Le materie prima provengono dall’ Italia. Anche l’esportazione italiana in Romania è molto alta e superiore alla media, è pari all’ 11,8%. Non bisogna dimenticare il settore alberghiero, sono molti gli italiani che vi hanno aperto degli hotel.
Se si pensa, invece, al lavoro che svolgono, per la maggioranza, gli stranieri che vengono nel nostro Paese si può notare una grande differenza. Richiamiamo manodopera immigrata per i lavori più faticosi, penosi, quei lavori che noi non accettiamo. Purtroppo ci comportiamo così anche in Romania, dove gli abitanti diventano “stranieri” nel loro Paese e svolgono lavori davvero pesanti. Oggi mezzo milione di romeni sono dipendenti in aziende italiane, aziende che possono contare dal 1993 sull’ AIIR, associazione imprenditori italiani in Romania, che ha il compito di fornire assistenza e consulenza agli imprenditori e alle aziende italiane che ci sono. Le società italiane presenti sul mercato romeno possono anche godere di una grande assistenza fiscale e bancaria. Sono, infatti, numerose le istituzioni bancarie tricolore presenti nel Paese. Tra questa la San Paolo Imi che ha istituito speciali servizi per gli imprenditori, la banca torinese che ha creato, invece, l’Italian Desk, un servizio con il quale si dà assistenza bancaria ,sia alle ditte già presenti sia a quelle che intendono aprire una propria sede, con tariffe speciali. L’ Italian Desk cura in particolare gli aspetti fiscali e legali caratteristici della vita d’azienda.
Molto importante è la Camera di Commercio Italiana in Romania (CCIpR) creata nel 1994. E’ apolitica e senza scopo di lucro. I 40 membri fondatori hanno avviato la costituzione della CCIpR dal desiderio di venire incontro alle necessità commerciali ed economiche del mercato romeno, per gli scambi di informazione e di esperienza tra gli investitori dei due Paesi. Alla Camera sono iscritte alcune delle più importanti imprese italiane presenti in Romania, aziende miste o con capitale interamente romeno.
Ma torniamo indietro nel tempo quando i nostri i concittadini lavoravano in Romania come semplici operai, come muratori, come falegnami. E già, gli italiani sono proprio cambiati, non sono più considerati "immigrati" in una terra straniera, come invece i romeni da noi, ma sono grandi imprenditori, ristoratori e anche famosi sportivi come Giuseppe Giannini chiamato ad allenare l’ Arges Potesti. Sono parte integrante delle Romania, anzi sono diventati indispensabili per l’economia del Paese
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Lo sviluppo accelerato dell'immigrazione rumena in Spagna

La presenza degli immigranti in Spagna è aumentato in modo molto veloce durante gli anni scorsi e, come accaduto anche in altri paesi questa immigrazione si differenzia per zone di origine, con la percentuale più grande di rumeni e bulgari, che hanno contribuito a modificare la composizione della popolazione straniera che risiede nel nostro paese.
In realta`, i numeri non sono esatti noti poiché esistono differenze fra le diverse le fonti di informazione. I dati forniti dall'istituto nazionale di statistica sorpassano ampiamente quelli offerti dal segretariato sull'immigrazione e sull'emigrazione, dove solo fingono gli stranieri con la residenza legale.
In Romania, lo smantellamento del sistema socialista e le riforme hanno aperto una frattura sociale molto grande, tradotta in arricchimento di pochi che hanno saputo obteneree profitto dalla liberalizzazione economica e del deterioramento degli stati di vita della maggioranza. I rumeni considerano che meritano molto più di quelche hanno e, poichè non si fidano di ottenerlo in Romania, emigrano all` straniero, pricipalmente in Europa occidentale, essendo la Spagna una delle destinazioni più importanti.

L'emigrazione si è stenduto per l`aree urbane e rurali, emigrano i coltivatori usati dai professionisti e gli operai qualificati delle città che lasciano il lavoro con l'obiettivo di ottenere un reddito più alto, ottenere un determinato obiettivo professionale e migliorare lo stato di vita.

In Spagna i guadagni più grandi corrispondono ai servizi del terziaro ed alla costruzione. Un settore che per quegli anni sta vivendo una fase di apogeo ed nell quale in grande misura i nuovi usi sono stati occupati dagli immigranti, che é una delle atticità con maggiore oferta di impieggo per i rumeni.

L'immigrazione che riceve la Spagna ha creato i cambiamenti quantitativi e qualitativi importanti durante gli anni passato. Il numero totale di stranieri con permesso dei residenza è stato moltiplicato per sette rispetto all´initio degli anni 1990 ed attualmente si avvicina a tre milioni.

Fra gli immigranti che arrivano dall Europa poscomunista è il gruppo più numeroso e quello di sviluppo più veloce è quello rumenos. Se all'inizio degli anni 1990 contasse molto su pochi effettivi, attualmente ci sono più di 200.000 rumeni con la residenza legale.
La differenza fra questi dati riflette l'importanza dell'immigrazione non regolare.
Una situazione che non è esclusiva del gruppo rumeno, ma è questo quello che registra uno e` più alti indici di irregolarità (73 ' 7%), che si deve al fatto di essere un' immigrazione molto recente.


grafica.bmp (Rumeni ed altri cittadini di Europa orientale con la residenza legale in Spagna.)

martedì 22 gennaio 2008

L'ingresso nel mondo lavorativo e la distribuzione geografica dei rumeni in Spagna

La Spagna è diventato uno dei paesi principali per gli emigranti rumeni, che rappresentano fra i 7 e 8'5% degli stranieri che risiedono in questo paese, secondo la fonte d'informazione usata (ministero dei lavori pubblici www.mtas.es o INE www.ine.es). Il flusso ha avvertito un aumento spettacolare durante gli anni scorsi, coincidendo con i processi di regolarizzazione (2000, il 2001 e il 2005) e la possibilità di muoversi verso l'unione europea senza visto dal 1 di gennaio del 2002. Questi sono alcuni dei fattori più rilevanti che ha avuto l'aumento dell'immigrazione rumena, insieme alle politiche adottate in Spagna ed in altri paesi, e grazie alle possibilità linguistiche di uso in Spagna e le somiglianze esistente fra castigliano ed il rumeno. Ma, soprattutto, l'emigrazione verso la Spagna si appoggia alle reti sociali che attraggono i nuovi immigranti. In più, è necessario considerare la buona accoglienza che, generalmente, offre la società spagnola ai rumeni, anche se sono in una situazione di irregolarità amministrativa. Molti di loro riconoscono che nessuno gli chiede se hanno i documenti in regola o che non vivono e lavorano senza problemi grandi.
Nella distribuzione geografica degli immigranti è evidente la concentrazione forte in poche provincie e città. Sono già quaranta i comuni con più di mille rumeni iscritti e molti di loro vengono dalla stessa località; sono loro i familiari e gli amici a fornire le informazioni a coloro che decidono emigrare nella stessa città. Le informazioni ampie ottenute attraverso di mass-media (la stampa che è pubblicata in Romania dedica più spazio alle notizie dei paesi occidentali, compresa la Spagna, che a quelli della regione Balcanica) o su Internet si trasformano in una piattaforma migliore di scambio della conoscenza tra immigranti ed emigranti.

Quindi, Castellón, Zaragoza, Coslada, o Roquetas del Mar sono i primi centri in cui i rumeni si sono stabiliti. La concentrazione degli immigranti della stessa origine in spazi concreti facilita il contatto fra gli immigranti e la formazione dei associazioni e gruppi che forniscono informazioni e aiuto, e risultano inoltre fondamentali per diminuire i costi umani dell'espansione: accoglienza, alloggio, relazioni per trovare un lavoro, ecc.
Il numero di immigranti aumenta nei centri tradizionali dell'istituzione ed allo stesso tempo i movimenti di diffusione sono osservati verso altri luoghi in una ricerca costante di nuove occasioni. Questi processi e la mobilità interna intensa della popolazione rumena potrebbero modificare la distribuzione geografica durante i prossimi anni, aumentando il numero d’immigranti nelle regioni e nelle località che ora ne hanno pochi, comprese le zone rurali. In alcune piccole città, i rumeni ed gli altri stranieri partecipano allo sviluppo di alcuni settori come l'agricoltura ed l’allevamento del bestiame. Non è certo però che questa situazione sia frequente anche nei comuni isolati, con problemi ie comunicazione e che attragono una popolazione minore.
I rumeni sono entrati con forza nel mercato del lavoro ed in qualcune regioni e località sono tolto ai marocchini il primato che occupavano fra gli operai immigrati, come è accaduto a Castilla la Mancha, la Rioja o Castellón. Nella regione Valenziana ci sono quasi tanti operai rumeni come Ecuadoriani, mentre in Andalusia e a Madrid occupano il secondo posto, a molta distanza, rispettivamente, dei marocchini e dagli Ecuadoriani, secondo gli ultimi dati forniti dalla Previdenza Sociale. Il rapido ingresso nel mondo del lavoro di questi operai si deve fondamentalmente alle decisioni governative che stanno provando a equilibrare il peso raggiunto dell’immigrazione marocchina. In questo senso, gli accordi firmati fra la Spagna e la Romania per l'amministrazione dei flussi migratori hanno facilitato l'arrivo degli immigranti rumeni, che costituiscono uno dei gruppi più avvantaggiati negli ultimi processi di regolarizzazione. Certamente, l'aumento degli operai con questi origine è collegato alle gestione selettive degli imprenditori, con lo scopo di l'abbassare il prezzo dei costi, del lavoro manuale che può essere ulteriormente diminuito anche dalle limitazioni imposte dalla politica per l'immigrazione. Il punto chiave è che gli imprenditori in particolari regioni hanno trovato nei rumeni la manodopera idonea per diversi motivi: responsabilità, efficacia, disciplina, ecc.
Perché questa corrente migratoria è in aumento? La Romania ha una forza emigratoria potenziale molto grande perché, nonostante il miglioramento della situazione economica, esiste ancora un problema di corretta nutrizione. D'altra parte, è necessario considerare che la mobilità attraverso le frontiere europee è molto facile perché i migranti possono muoversi senza bisogno del visto ed perché esistono norme comunitarie che permettono la libera circolazione delle persone.

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Commento personale sull'evento

Quest'ordinanza, emanata da Bitonci, ha fatto molto discutere, soprattutto i membri della sinistra radicale, descrivendolo come un tipo di razzismo. Ha raccolto invece molti consensi dai sindaci del Nord, sia di centrodestra che di centrosinistra, e i consensi stanno lentamente andando anche verso il centro Italia.
Personalmente non lo ritengo come una forma di razzismo, in quanto si tutelano i cittadini italiani e gli stranieri che arrivano in Italia per lavorare e farsi una vita, mentre dovrebbe penalizzare coloro che giungono da noi solamente per delinquere.

Mattia Orlandi

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lunedì 21 gennaio 2008

Il mondo di Vesna



Vorrei segnalare un interessante libro, Il mondo di Vesna, di Maurizio Cimino, edito da La Città del Sole nel 2006.
Attraverso toccanti foto in bianco e nero l'artista vaga nella cultura Rom, con occhio curioso, interessato e senza pregiudizi. Le foto ritraggono Vesna, bambina del campo Rom di Secondigliano, alla periferia di Napoli, insieme al popolo cui appartiene, nella loro vita quotidiana, fatta di strade, volti familiari, musica, gesti genuini.

L'obiettivo incuriosito indugia sui sentimenti, sulla bellezza di uno sguardo, sulla semplicità di un oggetto, sulla normalità di una vita "diversa".
Sonia Carosella

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Presentazione lavoro.

In questo lavoro tratterò dell'importanza che assumono i rumeni nella nostra nazione, soprattutto in campo economico.
Altro argomento trattato è quello della paura che hanno gli italiani nei confonti degli immigrati in Italia. Un piccolo accenno, non per questo meno importante, è rivolto alle parole del nostro Papa, parole riguardanti la convivenza con gli immigrati e i diritti e doveri di questi ultimi.

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Noi e le popolazioni Rom: conclusioni

Concludendo il mio lavoro di ricerca sull'identità le origini e la storia delle popolazioni Rom, mi vengono spontanee alcune riflessioni inerenti alle mie indagini.
Spesso e volentieri ho parlato di un malcontento da parte delle popolazioni della zona ospite dei Rom, come può esserlo una qualsiasi città italiana.
Lo spunto delle mie riflessioni deriva da quello su cui ho indagato e il raffronto con la realtà.
La storia e la cultura nomade ci raccontano un popolo emarginato, solitario nella sua nicchia, per certi versi incompreso. Quello che i telegiornali, i media o la vita quotidiana della mia stessa città raccontano invece è un tuttuno di violenza, delinquenza e per certi versi conferma dei pregiudizi.

Non sono sempre riuscita a confermare i risultati delle mie ricerche sulle attitudini romanì con la vita reale. Probabilmente la risposta sta nell'idea che ciò che fa notizia non è la normalità e che la normalità bisogna andarsela a ricercare per capirla. Ciò che fa notizia è quello che va al di fuori della regola. Ed è forse per questo che i Rom vengono guardati con cattivo occhio: perchè di loro pubblicamente emerge solo il lato negativo, sul quale indubbiamente si specula per negativizzare la diversità. Senza dubbio dev'esserci molto di più.
D'altra parte quello che riesco a vedere io è un popolo parassitario, che non ha una reale inclinazione nomade, un popolo per certi versi falso, mendicante, che sì annovera tra i propri valori il rispettto, ma non per il gagè, praticamente il primo a non accettare il diverso.
Le mie conclusioni personali non possono che trovarsi nel mezzo. A mio avviso di certo le popolazioni Rom hanno avuto la difficoltà temuta nel mantenere intatta la propria cultura, e si sono adagiati e crogiolati nel pregiudizio, quasi sentendosi autorizzati a comportarsi come i 'normali' si aspettano che si comportino.
D'altra parte vige certamente un'esagerazione mediatica che riesce a trasformare anche ciò che c'è di buono in qualcosa di negativo, sfruttando la teoria che nella diversità totale ci sia sempre qualcosa di sbagliato. E di ciò trovo inaccettabile che nella realtà odierna la discriminazione sia l'elemento trainante dell'informazione, per quello che essa rappresenta in una società "moderna".
Concludo il mio lavoro e inizio una riflessione sulle mezze verità dell'informazione mediatica e sulla difficoltà a confrontarci con qualcosa di totalmente lontano a noi.

Vanessa Di Virgilio

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Marian Mitrita, un immigrante rumeno che ha provato a trovare fortuna nella Spagna


Sono 505.670 le persone che hanno lasciato Romania per andare in Spagna e che già sono il gruppo straniero più grande, a notevole distanza dal gruppo marocchino (298.424 persone), che occupa il secondo posto.
La maggior parte di loro (294.345, 139.3%) sono arrivati durante i primi dieci mesi dal 2007, subito dopo che Romania si è inserita nell'Unione Europea (UE) e le barriere alla frontiera sono cadute.
Come nuovi cittadini europei, essi hanno libertà di circolare e risedere dove vogliano. Tuttavia, i loro diritti di lavoro sono limitati.

Per evitare che un arrivo numeroso di nuovi cittadini europei squilibri il mercato del lavoro, il Governo spagnolo ha stabilito un periodo di trattativa di due anni, dal 1 Gennaio 2007.
Finché non finisca questo termine, i rumeni ed i bulgari che desiderino lavorare devono avere gli stessi requisiti degli immigranti che provengono dai paesi che non appartengono all'Unione Europea.
La trattativa era stata sufficientemente pubblicizzata in Romania. Ma per la maggior parte dei rumeni arrivati fu più importante l'esempio dei loro conocsenti che negli anni passati erano riusciti a farcela in Spagna. Soltanto quando sono arrivati e si sono trovati con il rifiuto degli imprenditori di contrattarli hanno cominciato a pensare che avevano commesso un errore.

Alcuni non hanno potuto far fronte al fallimento e sono caduti in depressione.
Questo è stato il caso di Marian Mitrita, un uomo di 44 anni che il passato 4 Settembre si è bruciato “alla bonzo” davanti la Subdelegazione del Governo a Castellón (Spagna) come protesta perché non era riuscito a trovare un lavoro stabile in Spagna, né poteva ritornare in Romania per mancanza di denaro.
Alla ricerca di una vita migliore ma con avanti a sé solo la disperazione, la miseria e la fame, Mitrita è emigrato in Spagna, con sua moglie ed i suoi due bambini, dopo avere venduto tutte le sue ricchezze e aver richiesto dei soldi in prestito.
Il rumeno, che non aveva permesso di residenza né un lavoro stabile in Spagna, ma aveva assicurato che i suoi compatrioti glli avevano promesso un lavoro legale in Spagna, che dopo non ha mai trovato.
Inoltre, glli avevano rubato i soldi, con cui avrebbe dovuto pagare per lui e la sua famigia il viaggio di ritorno in Romania.

Dopo il bagno di benzina e dopo essersi dato fuoco, Marian è rimasto 15 giorni nell'ospedale con scottature di primo grado nel 70% del corpo prima di morire.
Il suo corpo è stato rimpatriato nella località rumena di Targoviste, dove la polizia ha dovuto essere presente per evitare che sua moglie Ionela fosse linciata dai suoi parenti, che la accusavano di non aver fatto tutto il necessario per impedire la morte tragica del marito.

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domenica 20 gennaio 2008

La Chiesa nei confronti del problema immigrazione

Il 10 Gennaio i Vescovi richiamano l'attenzione sulla necessità di modificare la legge sulla cittadinanza per gli immigrati, cioè non più solo per "jus sanguinis" ma anche per "jus soli", riducendo anche gli anni di permanenza in Italia per ottenere la doppia cittadinanza da 10 a 5.
Il monsignore Sigalini, segretario di Migrantes che ha parlato alla radio Vaticana per l'annuale ricorremza sulla giornata degli immigrati, sostiene che aggiungere lo "jus soli", cioè dare la possibilità di dare la cittadinanza a chi nasce in Italia e rimane nel paese fino alla maggiore età, significherebbe farli sentire parte della comunità, aiutare il paese ad essere più unito.
Anche il Papa si esprime affermando che un gravissimo degrado a Roma si estende anche nella periferia dove si verificano attacchi "minacciosi e insistenti" alla famiglia. Il Papa ha accolto nel Vaticano una rappresentanza di amministratori di Roma e del Lazio guidata dal sindaco Veltroni, dal presidente della provincia Gasbarra e da Pietro Marrazzo. Il Papa in questa occasione ribadisce già ciò che aveva affermato il 31 Dicembre cioè che la Capitale è attanagliata da un "deficit di speranza e di fiducia". Afferma anche che c'è bisogno di un'opera costante nei confronti di questo problema per assicurare fiducia sia ai cittadini italiani che agli immigrati. Il Papa sostiene che i più colpiti sono le ragazze e i minori, chiede l'impegno di tutti per una società più giusta e fraterna. Un sondaggio in Romania rivela che un rumeno su tre vuole ritornare definitivamente in Romania entro 2 anni, ma soprattutto che l'Italia ha un'immagina distorta da ciò che loro sono in realtà. Probabilmente con il comportamento del governo non ci sarà più il problema di "scegliere" chi far entrare o no ma saranno gli immigrati stessi che eviteranno il nostro paese.

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sabato 19 gennaio 2008

TU VO’ FA L’AMERICANO, MA SEI NATO IN ITALY!

“Tu vo’ fa l’americano!” è una famosissima canzone di Renato Carosone che descrive benissimo come gli immigrati italiani in America, pur cercando di adattarsi agli usi, ai costumi e alla vita americana, rimangano sempre legati all’Italia. Si pensi alla Little Italy di New York, il ritrovo di centinaia e centinaia di italiani che hanno ricreato, in questa zona a sud di Manhattan, un vero e proprio quartiere italiano, in cui usi e tradizioni sono riconducibili alla vita tipicamente italiana.
Il quartiere di Little Italy fu occupato dagli immigrati italiani a partire dal 1880. In questa zona si stabilirono per lo più napoletani, siciliani e calabresi; gli italiani del Nord si fermarono in gran parte nel Greenwich Village (oggi Soho). Tutto ciò perché i nostri antenati tendevano a spostarsi nelle zone in cui già risiedevano altri italiani per sentirsi meno lontani dalla propria nazione.
In queste strade, oltre all’affermarsi di attività tipicamente italiane, si diffuse molto in fretta anche la mafia d’importazione, che il cinema statunitense ha più di una volta magistralmente descritto. Pensiamo a boss come John Gotti o Joey Gallo, che hanno gestito i loro loschi affari nelle strade della Little Italy e organizzato gli illeciti da locali come il Ravenite Social Club e Umberto’s Clam House (in cui fu ucciso “Crazy Joey” Gallo), che facevano da copertura a queste organizzazioni.
Oggi il quartiere è divenuto un’area commerciale e di attrazione turistica; infatti a partire dalla metà del XX secolo gli italoamericani hanno iniziato a trasferirsi in altri sobborghi più periferici e da allora l’estensione della Little Italy va riducendosi. Sono, infatti, pochi gli italiani che risiedono ancora nella Little Italy. Il quartiere confina con Chinatown, che ha assorbito una larga parte di quella che era Little Italy. Anche la parte Nord, in prossimità si Houston Street, ha perso il suo aspetto tipicamente italiano. La parte di Mulberry Steet, lungo la quale si trovano i negozi tipici italiani, è quello che rimane della vecchia Little Italy. A New York esistono altre Little Italy: Italian Harlen a East Harlen, il Bronx ha la sua Little Italy lungo Arthur Avenue e Brooklyn, dove esiste un vero e proprio quartiere italoamericano Bensonhurst. Un’alta percentuale d’italiani la troviamo a Staten Island e grandi comunità si rintracciano anche a Belmont, nel Bronx e a Carroll Gardensa Brooklyn (dove Scorsese girò il film “Mean Street”).
Però, della Little Italy, del passato si conserva ancora la festa di San Gennaro. Dal 1926 dal 12 al 26 settembre si svolgono, per le vie di questo quartiere, i festeggiamenti in onore del santo patrono di Napoli.

Little Italy nel periodo della festa in onore di San Gennaro

Mulberry Street diventa un tripudio di colori e suoni a cominciare dal primo giorno di festeggiamenti, quando la festa viene aperta con la processione in onore del santo.
Originariamente la festa era una commemorazione religiosa, ora è la celebrazione del rapporto tra italiani e statunitensi. Per l’occasione immigrati e non di tutta New York convengono nella via principale abbellita da bancarelle, decorazioni e musiche italiane, per immergersi in questo tripudio d’italianità e divertirsi con la Annual Cannoli Eating Contest, che premia il concorrente che riesce a mangiare più cannoli in sei minuti! Contemporaneamente alla festa di San Gennaro anche nel Bronx si svolge una festa della durata di undici giorni.
Anche se ormai i figli degli immigrati sono ben inseriti nel tessuto sociale americano, queste celebrazioni e questi luoghi ricordano origini, tradizioni e usanze che rimangono immutate anche a chilometri e chilometri di distanza in generazioni che a volte non sono …”nate in Italy” , ma l’Italy la portano nel cuore.

http://www.italiavostra.it/articolo.pho?Id=28; http://www.infoturisti.com/usa/NewYork/cosaVedere/littleItaly.aspx; http://it.wikipedia.org/wiki/Festa_di_San_Gennaro

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Diversità affascinanti

Un vecchio detto recita così:
“Se poni la stessa domanda a venti zingari, otterrai venti risposte diverse. D’altro canto, se poni per venti volte la stessa domanda a un solo zingaro, otterrai ugualmente venti risposte diverse.”


Chiudete gli occhi per trenta secondi e riflettete sulla parola “zingaro”. Nella mente potranno scorrere fiumi di immagini, dalle foto formato tessera tristemente note ai telegiornali alle vecchie foto in bianco e nero di carovane in viaggio. Famiglie allargate senza distinzione di classe, grandi comunità estremamente solidali al loro interno, ma isolate e spesso ostili al mondo esterno. Pensare ai diversi gruppi di gitani sparsi in Europa potrebbe riportare la mente a grandi feste, balli, musiche caratteristiche; vecchie avvolte in scialli con la saggezza scolpita nei solchi della fronte, in abiti così antichi da sconfinare nell’irrealtà, aggrappate a piccole croci che dalle loro fragili catenine emanano un’aura di protezione e sicurezza. Oppure potrebbero affiorare immagini più tristi, di bimbi dal viso sporco, di donne trasandate nelle loro gonne lunghe, con i capelli neri e i grandi orecchini elaborati ai lobi.


Immagini talmente disparate affiorano a ricordarci di un’importante verità: la diversità. Fortunatamente, non siamo tutti uguali. Il corso della storia ha portato alcune cellule culturali a migrare dai luoghi di origine per insediarsi in paesi stranieri, a volte stabilendo fissa dimora, altre volte solo temporaneamente. Popoli diversi si sono mischiati, fondendo usi e costumi, apportando spunti religiosi e culturali alle varie società. Altri popoli hanno invece rifiutato l’omologazione, fieri della propria identità culturale. Gli zingari sono tra questi, sopravvissuti fino ad oggi con le proprie forti caratteristiche. Se un tempo si accampavano nelle campagne, suscitando l’indignazione di “onesti e integri cittadini” e affascinando artisti sensibili e irrequieti con il loro stile di vita, oggi vivono sempre più stabilmente nelle periferie delle città, rilegati nella categoria di “ospiti indesiderati” in campi di roulotte più o meno squallide.

Gli atteggiamenti nei confronti del diverso si ripetono dunque con scoraggiante monotonia da molti secoli. E da entrambe le parti, il più delle volte. L’istituzione su cui si regge la società dei Rom è la famiglia, gruppo molto ampio legato da ascendenza comune. I vincoli di solidarietà familiare si sono rafforzati nei secoli, laddove i rapporti con l’esterno volgevano (e volgono) alla diffidenza e alla violenza. Vi è in questo sfiducia ed esigenza di difesa. Difesa della propria identità culturale. Difesa dell’onore Rom. Si definiscono per differenziazione da altri gruppi sociali. Non legati alla terra, alla sedentarietà, si distinguono per l’uso della lingua, per lo stile di vita, per la concezione di un mondo esterno gagé, diverso, non-Rom, le cui regole non valgono all’interno del cerchio del campo, e spesso nemmeno fuori.


Ma questo popolo dalle mille sfumature non ha qualcosa in comune con gli altri? Non vi sono momenti di unione, che li accomunano? Si direbbe di sì, soprattutto nei momenti religiosi. Il 75% dei Rom è cattolico. Essi vivono la propria fede come momento collettivo, legato alle tradizioni millenarie. Uno dei momenti più coinvolgenti si svolge nella regione francese di Camargue, vicino ad Arles. A partire dal 1496 infatti, molti dei Rom stanziati in Provenza cominciarono a riunirsi per il “culto di Sara”, che avvicina i gitani di mezza Europa ai francesi del luogo. La leggenda, contenente molti elementi storici documentati, vuole che in questo pezzetto di terra alla foce del Rodano siano approdate, dopo la crocifissione di Cristo, Maria Salomè, madre degli apostoli Giovanni e Giacomo, Maria "Jacobè", sorella della Madonna, Maria Maddalena Marta, Trofima e Lazzaro il resuscitato, poi divenuto, secondo la tradizione, primo vescovo di Marsiglia. Il gruppo si disperse; rimasero qui Maria Jacobè e Maria Salomè, assieme alla loro serva nera, Sara, forse di etnia rom. In loro onore il villaggio in cui riposano fu chiamato Les Saintes Marie de la Mer. Ed è proprio la figura di Sara la Khalì, Sara la Nera, ad essere stata scelta dai Rom come propria patrona. Il 24 maggio i Rom e gli abitanti del villaggio, o arlesiani, si amalgamano. Tre o quattro giorni prima le modernissime roulotte, sostitute dei grandi carrozzoni tradizionali, affollano la zona; nell’aria cominciano a diffondersi musiche coinvolgenti, suoni e profumi densi di armonia e conflitto, di allegria e tristezza, di amore e morte. Il 24 maggio sfilano le processioni, in cui orgogliosi Rom portano a spalla le reliquie delle Marie e di Sara fino alla spiaggia. Sconcertante è la tolleranza e lo spirito di fratellanza che unisce gli arlesiani alle migliaia di zingari qui riuniti. Un raro esempio di unione che prende movimento dalla fede, che mescola persone in superficie diverse, abiti tradizionali e canti, razze e anime, in una grande festa umana.

E allora, per quale motivo la diversità dovrebbe allontanarci gli uni dagli altri? Perché costumi diversi dovrebbero spaventarci? Qual è lo scopo, la motivazione? Dov’è la scissione irreparabile? E’ così strano lasciarsi affascinare, coinvolgere? Accettare le differenze e valutare le distanze potrebbe spingere a riflettere, senza condannare, senza lasciarsi portare dal pregiudizio, guardando gli altri con il cuore aperto.
Sonia Carosella

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Sindaco nipote d'immigrati caccia gli immigrati!?

E’ dall’America, paese d’immigrazione ormai da secoli, che arriva l’ultima manifestazione di xenofobia. Il sindaco di Hazelton, una cittadina della Pennsylvania, Louis Barletta ha ingaggiato, ormai dal 2006, una vera e propria lotta allo straniero.
Dopo alcuni episodi di violenza il primo cittadino repubblicano ha pubblicamente affermato: “gli immigrati clandestini stanno distruggendo la città… ” e ancora “gli immigrati terrorizzano la città… la gente ha paura di camminare per le strade… la legge ci sarà e l’ordine tornerà a Hazelton, ho intenzione di utilizzare qualsiasi strumento dovesse essere utile”.
Il primo strumento utilizzato è stata una legge che prevede una multa di 1000$ al giorno ai proprietari che affittano a immigrati e la revoca per 5 anni della licenza per le ditte che li assumono. Inoltre nel testo s’afferma che: la lingua ufficiale è l’inglese e si vieta ai dipendenti comunali la traduzione di documenti ufficiali in altre lingue se non con un’autorizzazione ufficiale.
La questione è arrivata persino in senato, dove Barletta ha affermato che si tratta di elementi negativi che, con l’operato che la legge metterà in atto, verranno “rimossi”. Per rafforzare la sua posizione Barletta si è presentato a una riunione in comune munito di giubbotto antiproiettile!
La decisione ha comporto clamore in tutto il mondo, troupe televisive provenienti dall’Italia, dalla Germania, dal Giappone hanno intervistato Barletta che si è promosso paladino della sicurezza della sua città affermando che il suo mandato comporta una responsabilità nei confronti dei suoi elettori che deve assolvere in qualsiasi modo. A dare manforte a questa decisione ci sono state anche migliaia di e-mail di consenso e la decisione da parte di altre città di adottare lo stesso metodo.
Ma guadiamo nel passato di Louis Barletta, suo nonno era un immigrato italiano, Luigi Barletta che sbarcò su Ellis Island per cercare una vita migliore in America e, dopo molti sforzi lavorando in miniera, la trovò in Pennsylvania.
Ora viene da chiedersi come possa intimare quest’uomo di andare via a delle persone che, come fece suo nonno, cercano una vita migliore in un paese straniero? E com’è possibile che non si sia sentito tirato in causa quando Anna Arias, l’unico componente del consiglio che si è opposto alla legge, ha proposto, in modo provocatorio, di cacciare anche gli americani figli d’immigrati dalla città?
Il passato, anche in questo caso, non insegna. Lo ha capito la stessa Anna Arias che con rassegnazione e sdegno ha affermato: “ecco la prima città nazista d’America”.

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venerdì 18 gennaio 2008

La Rivoluzione rumena del 1989



Nicolae Ceausescu aveva esasperato la fame e la miseria, e la sua mania di protagonismo aveva fatto alterare i morali rumeni. Il crollo del Muro di berlino aveva sancito definitivamente la fine del blocco sovietico, e Ceausescu era rimasto l'ultimo leader sovietico di vecchio stampo. La Securitate espandeva il suo braccio su tutto il territorio rendendo il paese schiavo della polizia. Tutto ciò bastava eccome per dare avvio ad una rivoluzione genuina e spontanea.

La classica goccia che fece traboccare il vaso venne da un ungherese (rivali eterni della Romania). Un pastore protestante, Tőkés, cominciò in quei tempi a criticare il regime. Esso, per opera dell'episcopato competente, lo privò degli ordini del sacerdozio e preparò il decreto per espellerlo dalla Repubblica. Ma alcuni manifestanti si accamparono a difesa della casa del prelato, ponendo lo stesso sindaco in condizione di non poter firmare il decreto. Alla notizia della mancata espulsione la gioia si scatenò tra il popolo. Nella città in questione, Timişoara, la folla sull'onda dell'entusiasmo cercò di incendiare la sede del PRC (Partito Comunista Rumeno), ormai stufa delle proprie condizioni di vita. Intervenne la Securitate, che caricò ed arrestò alcuni manifestanti, ma che non ebbe il sopravvento sulla rivolta.
Il 17 Dicembre '89 la città era in assetto di guerra. A Timişoara carri armati, rivoltosi e soldati si davano battaglia per le vie della città. Alcuni manifestanti si introdussero nella sede di partito gettando all'aria e distruggendo immagini del dittatore Ceausescu e simboli del potere comunista. Gli ordini di fermare il focolaio di rivolta provenivano direttamente dal Leader e nella mezzanotte essa fu soppressa nel sangue. I Generali della Securitate passarono in rassegna quella notte una città distrutta.
Il 18 Dicembre '89 entrò in vigore la legge marziale. Ma alcuni giovani, sfidandola, marciarono verso la Cattedrale ortodossa della città cantando l'inno "Svegliati, Rumeno!", proibito dalla legge. Sventolando alcune bandiere rumene a cui era stato tagliato il simbolo comunista, morirono sotto raffiche di mitra della Securitate.
Il 19 e 20 Dicembre '89 oltre centomila e passa operai delle fabbriche scioperarono, e si unirono alla protesta. Ceaucescu intanto, tornato dall'Iran, etichettava i rivoltosi come "nemici della patria socialista".
In un celebre discorso, il 21 Dicembre '89 Ceaucescu vaneggiò davanti alla folla, quando questa cominciò a fischiarlo. Propose aumenti di stipedio e lodò i vecchi fasti della Patria Socialista. La Rivoluzione, quella vera e odierna però, si era estesa anche a Bucarest!

All'improvviso, spari sulla folla: era un tentativo golpista della stessa Securitate, che sparando alla folla con armi telecomandate dai balconi antistanti, stava cercando di far credere alla folla che la rivoluzione fosse iniziata, e stava proponendo alle ale esterne della folla di unirsi a loro. La televisione trasmesse tutto. La folla si sparpagliò per la città e gli "Alò, Alò" del dittatore (State Calmi), passarono alla storia.
Fino alle 3 di notte Esercito, Securitate e Rivoltosi si diedero battaglia: morti, accoltellamenti, fucilazioni e barricate furono però espugnate dai governativi.

Ma il mattino seguente nuovi lavoratori invasero la città. Le barricate della Militia non ressero e le piazze furono invase dal popolo. Alcuni militanti dell'esercito però, inspiegabilmente si unirono alla folla ed alla rivoltà. Il Ministro della difesa si suicidò, e l'incarico venne affidato al generale Stanculescu, che, contravvenendo agli ordini del dittatore, ritirò le truppe dalle strade e propose ai coniugi Ceaucescu la fuga in elicottero: era il colpo di stato!
I coniugi Ceaucescu presero il controllo dell'elicottero e scapparono verso il confine. Il pilota però (membro dell'esercito e quindi ormai affiliato ai ribelli), inventò che erano stati agganciati dalla contraerea e li convinse ad atterrare. Lì i Ceaucescu vennero presi dalla polizia, ed una volta appresa la sconfitta della Securitate, consegnati all'Esercito ed ai Ribelli.
Il 25 Dicembre vennero processati per Genocidio e per aver ridotto la Romania sul lastrico, e subito dopo, fucilati.


Video sulla cattura e sulla fucilazione di Ceaucescu in italiano.

Intanto a Bucarest l'Esercito combatteva contro la Securitate, e la città era un continuo assalto alle sedi governative. l'FSN (Fronte Nazionale di Salvezza), stava vincendo (grazie all'aiuto di Esercito, Occidente e formazioni paralimitari), ed il suo leader (in realtà ex numero2 e uomo di fiducia di Ceaucescu), Ion Iliescu, si proponeva come guida per il paese. Nel 1990, fu lui ad essere il primo presidente eletto democraticamente nella Romania.
Le critiche però si odono ancora oggi, e molti pensano che la rivoluzione rumena, seppur genuina e popolare, non sia stata poi quella tanto acclamata iniezione e ventata di cambiamento che fu descritta. Molti pensano che essa non sia stata altro che una farsa, una messa in scena che portò, amibguamente, il Numero2 dell'ex dittatore dritto verso il potere Rumeno.

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La Kumpania e L'organizzazione socio economica ROM



Parlare dell’organizzazione socio-economica della comunità Rom necessita della premessa fondamentale che alla popolazione nomade manca da qualche anno il reale elemento che li contraddistingue dalle altre culture, che si identifica proprio nel nomadismo.

A proposito dell’economia quindi dobbiamo tenere presente che la forzata sedentarietà li ha posti di fronte ad un confronto continuo con la cultura del luogo ospite, spesso invasa dal consumismo, frutto del nostro capitalismo. Ovviamente i loro modelli culturali stentano a reggere il confronto con quelli della nostra società. Ciò contribuisce all’emarginazione e alla persistente mancanza di equilibrio nel confronto delle culture.
I mestieri Rom sono quelli di giostrai, venditori ambulanti, maniscalchi, arrotini, stagnini, allevatori di animali da tiro, questua e chiromanzia. Inoltre i Rom svolgono una funzione di collegamento tra i paesi che attraversano, portando notizie e quindi svolgendo servizi importanti in una società contadina e prevalentemente analfabeta.
Il lavoro è quindi legato a impegni o ricorrenze quali le fiere, i mercati, l'inizio dei lavori agricoli, le feste nel cui contesto i rapporti con la società gagè sono buoni, fino alla realizzazione, in alcuni casi, di processi di simbiosi, cioè un normale scambio di beni e servizi. Molti dei nomi dei sottogruppi Rom si riferiscono

Ovviamente la struttura economica si muove culturalmente tutta intorno all’idea di viaggio ed è quindi chiaro che si rispecchi nei legami familiari.

Sembra quasi scontato specificare che all’interno della comunità non esistono reali regimi o organizzazioni regolate e stabilite da ‘Capi’, sebbene in passato si fosse parlato di Re e Regine: si trattava, infatti, solo di leggende atte a stimolare la curiosità del Gagè.

Non esistendo una vera organizzazione si può verificare infatti che le redini dei gruppi sono affidate ai più anziani.

La massima autorità giudiziaria Rom è costituita invece dal krisnitóri, cioè da colui che è chiamato a presiedere la kris.

Si tratta di una sorta di tribunale zingaro costituito dai membri più anziani del gruppo che si riunisce nei casi di controversie matrimoniali o danni arrecati da un membro della comunità a un altro. Alla kris possono partecipare anche le donne, che però non hanno potere decisionale, unicamente nelle mani degli anziani presieduti dal krisnitóri, che dopo aver ascoltato entrambe le parti in causa, sentenziano la pena.

Ovviamente la peculiarità di questa popolazione è lo spiccato individualismo che la contraddistingue. L’organizzazione sociale infatti ruota al massimo intorno al nucleo famigliare costituito da padre, madre e figli.

I figli in molte famiglie Rom rappresentano la prima fonte di sussistenza economica.

I maschi, raggiunta una certa età, vengono spesso iniziati ad altre attività che consistono nell’accompagnare il padre sui mercati per affiancarlo nella vendita dei prodotti artigianali.

Oltre alla famiglia in senso stretto, si pone la famiglia estesa con la quale vengono sovente mantenuti i rapporti di convivenza nello stesso gruppo, comunanza di interessi e di affari o frequenti contatti se le famiglie nomadizzano in luoghi diversi.

Spesso però per i gruppi nomadi che viaggiano assieme ( o che magari hanno parziale sedentarizzazione nello stesso luogo) maggiore importanza rispetto alla famiglia estesa viene data alla cosiddetta kumpania, ovvero l’insieme delle famiglie che appunto convivono o fanno parte dello stesso sottogruppo. Una specie di quartiere nomade.

Anche nella Kumpania non esistono organizzazioni gerarchiche; l’unico rappresentante del gruppo è un membro eletto per il rapporto con l’esterno della comunità scelto per alcune qualità personali, quali la saggezza, l'esperienza, l'abilità a trattare con i gagè e l'equilibrio.Una carica non ereditaria che è sempre possibile rimuovere.