Origini e usanze dei rom rumeni
Rom rumeni:Faccenda complicata, questa dei rom. Si fa presto a dire zingari. In realtà in Italia ci sono una dozzina di etnie molto radicate in precisi territori, ognuna con proprie tradizioni. Se non si vuole che sia un male occorre governarlo bene, il che vuol dire: non solo reprimendo, ma reinventando politiche in Italia e nell’Unione. Perché europei sono i dilemmi ed europeo sarà l’inizio della soluzione..
L’emergenza rom in Europa: Possiamo dire che oltre ai 160 mila tra rom, camminanti e rom romeni già presenti in Italia, potrebbero aggiungersi nei prossimi mesi almeno altri 60 mila rom romeni che andranno a modificare quei già difficili equilibri raggiunti dopo lunghi anni di compromessi e fallimenti. In Romania c'è una "bomba" potenziale di due milioni e mezzo di rom in partenza verso l'occidente per cui si stanno spalancando le porte dell'Europa. La Caritas stima che "anche nel 2007, come già nel 2006, arriveranno in Italia almeno altri 60 mila romeni". Sono tutti cittadini europei, hanno libero accesso, e non tutti sono rom.
In Europa la minoranza rom è stata definita "la minoranza più numerosa dell'Unione europea". In Italia "pesa" con una percentuale pari allo 0,3 per cento della popolazione. In genere si può dire che è un popolo con una bassa speranza di vita, l'età media è tra i 40 e i 50 anni, e con un'alta percentuale di minori (il 60 per cento ha meno di 18 anni). Tra questi il 47 per cento ha dai 6 ai 14 anni; il 23 per cento tra i 15 e i 18; il trenta per cento tra 0 e 5 anni. Sono dati, questi, che raccontano bene al tempo stesso della emarginazione e della impossibilità di un'integrazione: in Italia c'è una minoranza di migliaia e migliaia di persone che nonostante viva qui da anni e in molti casi abbia anche la cittadinanza, resta fuori - si mette fuori - da un sistema sanitario evoluto e per lo più gratuito. Non mancano certo le convenzioni sanitarie per controlli e vaccinazioni. Ma il più delle volte sono gli stessi rom che rifiutano l'assistenza.
Mappa delle etnie, caratteristiche sociali e campi: : Partiti dal nord dell'India e dal Pakistan intorno all'anno mille, gli zingari si sono stabilizzati nell'est europeo da dove hanno poi ricominciato altre migrazioni. In Italia i primi arrivano alla fine del 1300. Un flusso incostante, segnato da persecuzioni - nei lager nazisti sono stati seminati 500 mila zingari - che da allora non si è più fermato.
Il rapporto annuale dell'Opera nomadi è impietoso nel tratteggiare le caratteristiche del mondo rom: "quasi totale disoccupazione"; "analfabetismo diffuso"; "degrado ambientale", "emergenza abitativa", "emarginazione sociale", "devianze varie", leggi microcriminalità; "tossicodipendenza", "alcolismo", "condizioni igienico sanitarie allarmanti"
Per quanto riguarda i campi sono un centinaio quelli autorizzati e controllati dai comuni dove, nel tempo, ai container di metallo su due piani si sono sommati roulotte, tende, macchine, accrocchi di legno e metallo senza forma e alcun tipo di sicurezza dove vivono intere famiglie e dove spesso muoiono, per colpa di una stufa o di una bombola di gas, bambini piccolissimi. Almeno 500 sono i campi illegali e abusivi su cui, tanto a Roma quanto a Milano, si scatena di tanto in tanto la rabbia dei residenti. Sono abitati per lo più da ex jugoslavi e romeni. Di questi ultimi solo il 10 per cento vive in strutture pubbliche. Gli altri si arrangiano nelle favelas che spuntano qua e là lungo gli argini dei fiumi e in qualche spazio verde alla periferia delle città.
Origini dei rom:Fuggiti dall’India nell’anno 1000, giunti in Europa nel Trecento, i Rom sono chiamati spregiativamente zingari, parlano una lingua derivata dal sanscrito, in genere sono cristiani (la parola Rom, come Adamo, significa «persona». I più vivono in Romania). Siamo in emergenza, e possiamo dire con certezza che quest’emergenza è acuta soprattutto a Est, da quando è finito il comunismo: in Romania è specialmente vistosa ma la malattia s’estende a Slovacchia, Ungheria, Repubblica ceca, Kosovo.
La Romania, in particolare, è accusata di attuare un politica sistematica di espulsione di Rom, da quando è entrata nell’Unione all’inizio del 2007. Il ministro dell’Interno, Amato ha evocato a settembre un «vero e proprio esodo di nomadi dalla Romania», e di esodo in effetti si tratta: ma esodo forzato, nell’indifferenza europea. Dicono i rappresentanti Rom che i membri della comunità in Romania son cacciati dagli alloggi, dai lavori, dalle scuole, e per questo preferiscono le topaie italiane. Il ministro Ferrero, responsabile della Solidarietà sociale, dice il vero quando nega che l’esodo sia essenzialmente economico: la Romania non è più così povera, sono xenofobia e razzismo a colpire oggi i Rom.
Rom, romeni: che differenza c'è. Le cifre
Chi sono dunque i romeni? Sono tanti, innanzitutto: secondo gli ultimi aggiornamenti i romeni sono il gruppo più numeroso tra gli immigrati in Italia, con 556.000 presenze su tutto il territorio nazionale, su una popolazione straniera complessiva di 3.690.00 cittadini stranieri all’inizio del 2007. Il calcolo è stato fatto, sommando ai 271.000 residenti romeni rilevati dall’Istat un anno prima, 131.000 assunti nell’ambito delle quote 2006, 46.000 venuti – sempre nel 2006 – muniti di visto per inserimento stabile (specialmente per ricongiungimento familiare) e 5.000 per altri motivi. La stima è prudenziale perché bisogna tenere conto anche dei nuovi nati in Italia (seppure, in proporzione, meno numerosi rispetto ad altre collettività) e di quelli arrivati nel corso del 2007. Piuttosto alto il livello di istruzione degli immigrati romeni: secondo il censimento del 2001, il 59,2% possiede laurea o diploma superiore, rispetto al 39,9% degli altri immigrati dall’Est Europa e al 33,4% della popolazione italiana. Il livello è realisticamente oggi più basso perché una buona quota dei nuovi flussi proviene dalle zone agricole della Moldavia romena. La regione con maggiore concentrazione di romeni è il Lazio (24,8%, di cui il 20,6% a Roma), seguita da Piemonte e Lombardia (15-16%). Le rimesse che i lavoratori romeni in Italia inviano nel proprio paese partono soprattutto dal Nord (45,5%) e dal Centro (38,1%). La provincia di Roma spicca su tutte le altre, con una percentuale del 24,8%: vale a dire che dei 777,2 milioni di euro inviati in Romani, quasi 200 milioni sono stati inviati dalla provincia romana. Lavorano soprattutto nei cantieri edili (20,8%) e negli alberghi e ristoranti (11,1%), ma 15.000 sono imprenditori, per l'80% nel settore delle costruzioni.
Rom e rumeno non sono sinonimi. Ce lo dicono chiaramente le cifre, rese disponibili nel marzo scorso dal III Rapporto sull’immigrazione romana pubblicato dalla Caritas di Roma, insieme all'Osservatorio romano sulle migrazioni. I romeni in Italia sono quasi 556.000: i Rom Rumeni presenti in Italia sono circa 50.000 unità; le più grandi comunità sono stanziate a Roma, Milano, Napoli, Bologna, Bari e Genova. Ma oramai la loro presenza si registra in tutt’Italia. Dunque, meno del 10% dei romeni residenti in Italia è Rom. Allo stesso modo, non tutti i Rom presenti in Italia è di nazionalità romena: Gli ultimi dati rilasciati dal ministero dell’Interno parlano infatti di una popolazione Rom/sinti complessiva di circa 120.000 persone: secondo l’Opera nomadi, complessivamente i Rom/Sinti residenti in Italia sono 150.000, di cui poco meno della metà (70.000) con cittadinanza italiana da diverse generazioni e 80.000 provenienti dai Balcani (in costante aumento da Bulgaria e soprattutto Romania).
Rom romeni, ancora nei campi?
Se una delle discriminanti per l'entrata in Europa fosse il trattamento riservato alle popolazioni rom, la Romania e la Bulgaria sarebbero state ammesse nell'Unione? Una domanda che ora si rende necessaria, visto che tra i 22 milioni di cittadini rumeni e gli 8 milioni di cittadini bulgari, diventati europei,sono censiti più di tre milioni di rom - circa due milioni e mezzo in Romania e ottocentomila in Bulgaria, cioè il 10% della popolazione.
Tuttavia la domanda suonerebbe più corretta formulata così: se le politiche nei confronti dei rom fossero state e fossero la discriminante, quanti sarebbero o sarebbero stati gli stati ammessi? L'Italia no di certo, tanto per essere chiari. In questi anni, in cui due successive ondate di migrazioni di popolazioni di etnia rom hanno interessato la penisola - i rom slavi tra gli anni '60 e '70, i rom rumeni negli anni '90 - il governo italiano ha collezionato richiami e raccomandazioni a proposito della «questione zingara» da parte di vari organismi europei fino alla recente decisione del Ceds (Comitato europeo per i diritti sociali), secondo il quale l'Italia sistematicamente viola, con politiche e prassi, il diritto di rom e sinti ad un alloggio adeguato. In pratica si parla di «stato di segregazione razziale». Non è una novità che i campi nomadi siano un'invenzione dell'Occidente e ne costituiscano una delle vergogne. Destino paradossale, quello dei rom dei Paesi cosiddetti ex-comunisti: fino al crollo del Muro di Berlino gli zingari, minoranza etnica riconosciuta quasi ovunque anche a livello di rappresentatività politica, godevano degli stessi diritti e doveri dei cittadini «gagi», come chiamano loro i non-rom. Andavano a scuola, potevano curarsi e c'erano attività e lavori in cui erano specializzati, in Romania per esempio l'edilizia e l'agricoltura. Il crollo delle società di impianto socialista ha riaperto le frontiere ma anche le vene nascoste del razzismo e della persecuzione contro gli zingari. La persecuzione contro di loro e l'estrema povertà in cui moltissimi si trovarono a vivere causarono una forte migrazione verso la parte «ricca»" dell'Europa. Si calcola che in Italia entrino ogni mese circa mille rom dell'est, che vivono per la maggior parte in condizioni precarie, sono vittima di discriminazioni e di espulsioni (illegali) di massa - l'ultima nell'ottobre di quest'anno da Roma -e della pessima informazione basata sugli stereotipi più biechi. «L’America» non l’ hanno trovata. Cosa riserverà loro l'Europa?
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